Ricordo bene quella notte, quella in cui compii 21 anni. Ero appena tornato a casa da una delle feste di compleanno più belle di sempre. Avevo organizzato una serata in discoteca con piscina. Non c’è bisogno di dirlo: prima di mezzanotte ero già finito in acqua con metà degli invitati, e i miei vestiti nuovi di Calvin Klein, che mia madre mi aveva regalato, erano completamente rovinati dall’eccessiva esposizione al cloro. Avevo caricato “Breathe” dei Télépopmusik sul mio lettore CD e, alle quattro di notte, mi ritrovai a riflettere sulla vita che scorreva, su quello che avevo fatto e su quello che volevo fare ed essere. Ricordo chiaramente una vocina, in fondo alla mia mente… una voce che non volevo ascoltare e alla quale mi dissi: “No, a questa cosa non darò mai spazio, non farà mai parte di me!”. Decisi di ignorarla, pensando che così sarei stato come tutti gli altri. In quel periodo frequentavo diverse ragazze all’università, ma sentivo che c’era qualcosa che non andava. Guardavo le persone intorno a me che iniziavano relazioni, si baciavano ed erano felici. Anch’io, all’inizio, mi sentivo bene, ma quando le cose cominciavano a diventare serie, fuggivo. Anzi, a dire il vero, scappavo proprio a gambe levate. Nella vita ho sempre avuto la strana sensazione di essere un po’ un osservatore. Vedevo gli …